La produzione vinicola internazionale secondo la OIV
Negli ultimi cinque anni nel mondo si è prodotto meno vino rispetto alla media dell’ultimo mezzo secolo. E, secondo le ultime statistiche della Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (per il momento disponibili solo in inglese), la produzione globale del 2023 potrebbe essere addirittura la più bassa da 60 anni a questa parte. Nel corso dell’anno, le piante hanno prodotto meno uva in quasi tutto il mondo, e sempre per la stessa ragione: avverse condizioni meteorologiche.
In realtà, la stessa OIV osserva che il calo della produzione potrebbe anche rivelarsi un fatto positivo. Infatti negli ultimi anni è stato comunque prodotto troppo vino e tanto è rimasto invenduto. La bassa produzione dell’ultimo anno potrebbe dunque agire da fattore equilibrante del mercato. Ciò potrebbe anche valere nel breve o medio periodo. Ma che cosa succederebbe se la produzione di vino non riuscisse più a raggiungere i livelli di un tempo? Alla fine di questo post, faremo alcune considerazioni sul quasi certo influsso del cambiamento climatico sul meteo e dunque sulla produzione di vino. Ma prima presentiamo le statistiche della OIV.
Queste non tengono conto della Cina, paese produttore minore ma comunque di un certo rilievo, perché ancora non sono stati pubblicati i dati della vendemmia cinese (ci si aspetta di averli entro la prima metà del 2024). Più in generale, le attuali stime globali potrebbero anche cambiare nei prossimi mesi, a causa di una certa volatilità nella produzione osservata negli ultimi anni. Inoltre, essendo le stagioni invertite nei due emisferi, la vendemmia capita in momenti dell’anno diversi: intorno a settembre nell’emisfero boreale e intorno a marzo in quello australe. I dati relativi alla produzione nei paesi del sud del mondo iniziano dunque a essere più definitivi, mentre per quanto riguarda i paesi del nord la vendemmia è appena terminata e sarà meglio attendere qualche mese per avere conferma dei dati raccolti dalla OIV.
Emisfero australe
Quest’anno il più grande produttore del sud del mondo sembra essere il Cile (10 mhl, cioè milioni di ettolitri), ma incendi e siccità hanno abbassato la produzione del 20% rispetto al 2022. Rimanendo in Sudamerica, l’Argentina (8,8 mhl) perde il 23%, principalmente a causa di gelate primaverili e tempeste di grandine. Il Brasile (2,3 mhl) perde il 30%, soprattutto a causa della siccità, e l’Uruguay (0,5 mhl) registra un -34% dovuto specialmente a siccità e ondate di calore.
In Sudafrica (9,3 mhl), peronospora e oidio hanno abbassato la produzione del 10%. La produzione in Australia (9,9 mhl) è scesa del 24% rispetto al 2022. Responsabile principale sembra essere stata la corrente fredda La Niña, che quest’anno ha portato piogge eccessive, temperature troppo basse e inondazioni. In Australia però ha pesato anche una recente legislazione contro la sovrapproduzione. La Nuova Zelanda (3,6 mhl) ha registrato un -6%, ma è l’unico paese dell’emisfero australe a essere positivo rispetto al quinquennio (+14%). Tutti gli altri hanno registrato perdite quinquennali fra -8% e -29%.
Emisfero boreale
L’Italia perde il primato globale che deteneva da almeno cinque anni, e passa al secondo posto (43,9 mhl) dopo la Francia (45,8 mhl), la cui produzione rimane però invariata rispetto a quella del 2022. La produzione francese è comunque disuguale: mentre in alcune regioni è aumentata (Champagne, Cognac e Corsica), in altre è diminuita (Bordeaux, Sud-ovest, Linguadoca-Rossiglione), principalmente a causa di peronospora o siccità.
La produzione italiana è calata del 12% rispetto al 2022, soprattutto a ragione di piogge pesanti in primavera che hanno favorito la diffusione della peronospora, specialmente al centro e al sud. Altri vigneti italiani sono stati colpiti da inondazioni, tempeste di grandine o siccità.
La Spagna si conferma terzo produttore del mondo (30,7 mhl), ma perde il 14% rispetto al 2022. Gran parte del calo sembra dovuto alla siccità.
L’Austria (2,4 mhl) perde il 7%, specialmente a causa di troppi temporali. La Grecia (1,1 mhl) perde addirittura il 45%, per una congiunzione letale di eccessive piogge primaverili, conseguente peronospora e poi siccità estiva. La Croazia (0,4 mhl) registra un -41% per il cattivo tempo e la peronospora; la Moldova (1,3 mhl) -10%, la Cechia (0,5 mhl) -13%, e la Slovacchia (0,3 mhl) -20%. In Georgia (1,5 mhl), piogge pesanti, grandine, e venti forti hanno abbattuto la produzione del 28%.
Ma non tutta l’Europa ha subito il tempo inclemente. La Germania (9 mhl) ha registrato +1%, il Portogallo (7,4 mhl) +8%, la Romania (4,4 mhl) +15%, l’Ungheria (2,5 mhl) +1%, la Svizzera (1 mhl) +4%, la Bulgaria (0,9 mhl) +7% e la Slovenia (0,6 mhl) +6%. In generale, queste aree vitivinicole hanno beneficiato di una primavera secca e calda (che dunque ha impedito la diffusione della peronospora) e di un’estate piovosa che ha favorito lo sviluppo delle piante.
Rispetto al quinquennio, gli unici paesi in positivo sono la Francia (3%), la Germania (2%), il Portogallo (12%), la Romania (4%) e la Svizzera (14%).
La produzione in Russia è rimasta invariata rispetto al 2022 (4,9 mhl), ma è cresciuta del 9% in termini quinquennali.
La produzione in USA è aumentata del 12%, per un totale di 25,2 mhl (quarto produttore mondiale). Gran parte del merito va alle temperature fresche e alle abbondanti piogge invernali nelle importanti regioni vitivinicole di Napa e Sonoma. Gli Stati Uniti hanno anche registrato un aumento in termini quinquennali (4%).
Sommario globale
L’Unione Europea si conferma la maggiore macro-area vitivinicola del mondo, con il 61% del totale (150 mhl), una proporzione che conserva da 10 anni nonostante le perdite del 2023 (-7%).
Il resto dell’emisfero boreale ha contribuito per il 20% (49,1 mhl), mentre i paesi produttori dell’emisfero australe hanno fornito il restante 19% del vino mondiale (45 mhl). La produzione nel sud del mondo è in continuo calo da anni, e nel 2023 è scesa del 19%.
Nel 2023 ci si aspetta una produzione globale di 244,1 mhl. In media, circa il 7% in meno rispetto al 2022 (che a sua volta era stato un anno sotto la media quinquennale).
Vino e cambiamento climatico
In realtà, la meteorologia sfavorevole di questo 2023 non è stata certo del tutto inaspettata. Siamo ormai abituati alle imprevedibilità stagionali e quasi ovunque c’è preoccupazione fra i produttori di vino. I problemi maggiori sembrano avere riguardato l’emisfero australe, dove le temperature inusuali, sia più alte sia più basse delle medie tipiche, hanno spesso prodotto condizioni particolarmente sfavorevoli per la vite. Il Nord America ha sofferto meno, ma apparentemente ciò non è accaduto tanto perché il tempo sia stato regolare in generale, quanto perché fortunatamente le regioni vitivinicole principali hanno beneficiato di un tempo stranamente più clemente del solito.
In Europa invece si è avuta una variabilità preoccupante. Gravi danni sono stati causati spesso dall’eccessiva umidità (specialmente in primavera) o dall’eccessiva siccità (specialmente d’estate) o da entrambe. Avendo riguardato regioni vitivinicole diverse per latitudine e clima, viene da pensare che queste manifestazioni meteorologiche estreme e opposte possano essere davvero effetti piuttosto imprevedibili di cambiamenti importanti nel clima globale. Anche i buoni risultati registrati in certe aree più esposte all’influsso calmierante dell’Oceano Atlantico (Francia oceanica e Portogallo) e del Mar Nero (Russia meridionale) potrebbero ripetersi o no in base ai capricci del tempo.
Le buone rese della Champagne e del bacino del Reno sembrano in linea con il previsto spostamento verso nord del limite settentrionale della vite, come conseguenza del riscaldamento globale. Ma le irregolarità meteorologiche sembrano ormai essere diventate la norma e ciò complica anche le decisioni che riguardano gli investimenti. Vale davvero la pena puntare su aree che quest’anno hanno beneficiato di una meteorologia favorevole? O investire meno su altre che non hanno dato buoni risultati? Sono problemi difficili che riguardano sia i piccoli sia i grandi produttori.
Il mercato del vino continua a crescere in valore soprattutto per la tendenza di certi consumatori a spendere in prodotti più cari e di più alta qualità. Ma negli ultimi anni ha continuato a decrescere in volume, mentre fette significative del mercato degli alcolici si sono spostate verso la birra o i distillati. In questo post abbiamo rilevato come il grande mercato indiano sia in crescita e sia molto attratto dal whisky di qualità, che importa soprattutto dalla Scozia. E suggerivamo di cogliere l’attimo e presentare i vini italiani ai consumatori premium indiani.
Da qualche tempo invece il Cile, paese di lunga e consolidata tradizione vinicola, ha iniziato a produrre gin (articolo del New York Times per soli abbonati), che promuove anche come parte delle esperienze turistiche (i gin cileni contengono estratti aromatici di bacche ed erbe che si possono raccogliere in certi parchi naturali). Come abbiamo visto, il Cile sta subendo i capricci meteo-climatici. Ma vediamo anche che la necessità aguzza l’ingegno!
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