Fino a poco più di un decennio fa, il massimo in termini di architettura delle cantine era probabilmente rappresentato da alcuni splendidi château bordolesi. La qualità e il prestigio dei vini si esprimevano e si rispecchiavano anche in complessi di produzione perfettamente integrati allo stile delle storiche dimore dei proprietari. Per gran parte del XX secolo, un’architettura ispirata a principi di eleganza classica era il naturale accompagnamento degli strumenti di comunicazione e di marketing, orientati soprattutto alla trasmissione di una tradizione gloriosa, valore sommo nel mondo del vino di qualità.
Nel nuovo secolo, tre fenomeni hanno specialmente ri-caratterizzato il panorama: (1) la nascita o il consolidamento di un numero impressionante di cantine importanti al di fuori delle aree storicamente centrali (Francia e Italia); (2) lo sviluppo di nuove e più efficienti tecnologie di produzione e di gestione; e (3) la grande attenzione verso un valore relativamente nuovo come la sostenibilità ambientale.
Naturalmente, il cambiamento è stato interpretato anche in senso architettonico. La cantina di prestigio del XXI secolo non ha certamente perso l’ambizione di essere un laboratorio artistico, più che un semplice stabilimento di produzione. Evidentemente, però, questa ambizione si appoggia su canoni aggiornati ai tempi.
Come in passato, fare vino è un’arte e l’architettura della cantina deve cercare di riflettere un’arte di valore non inferiore. Ma i produttori di oggi tendono decisamente di più alla innovazione e di meno alla conservazione. Così, per esempio, l’impatto ambientale e il risparmio energetico trovano espressioni concrete in scelte architettoniche d’avanguardia, sia dal punto di vista estetico che funzionale. Non sono poche le cantine premiate per il loro design, la maggior parte delle quali sorge in aree un tempo relativamente periferiche, come Spagna, USA, Canada, Argentina, Cile, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica.
I produttori hanno affidato ad architetti e designer d’interni di fama internazionale (ma anche a scultori e ad artigiani locali) il compito di esprimere e preservare la bellezza scenica delle loro terre. È così che sono nate estetiche nuove, aderenti alla realtà locale, spesso lontanissime dalle estetiche del Vecchio Mondo. Ed è così che i complessi di produzione si sono integrati mirabilmente con gli scenari naturali, anche grazie all’uso frequente di materie prime locali.
A edifici nuovi si affiancano recuperi di strutture già esistenti. Le zone adibite all’invecchiamento dei vini sono spesso l’oggetto di soluzioni creative originali; veri e propri “santuari” delle barriques, perfetti anche per la meditazione degustativa. Ardite strutture parzialmente interrate riducono al minimo l’impatto ambientale e permettono una gestione più efficiente delle temperature. Impianti di raccolta gravitazionale sostituiscono spesso i sistemi tradizionali basati su pompe. L’abitazione padronale è quasi sempre presente, ma a essa si affiancano sempre più spesso strutture riservate ai dipendenti e agli altri collaboratori. Altrettanto frequente è la presenza di un negozio, di un ristorante e di un albergo/spa.
La cantina è più che mai concepita come un’opera d’arte, sia per i prodotti che per la location. Nello stesso tempo, non è più un luogo riservato a élite ristrette, ma una meta turistica regolarmente accessibile a tutti, in grado di offrire un’esperienza variegata e integrata. Le cantine moderne organizzano visite, degustazioni, ma anche escursioni nei dintorni e, talvolta, piccole mostre, concerti, o rappresentazioni teatrali.
È un modo nuovo di vivere il vino, di scoprirne le particolarità, immersi in ambienti unici, circondati da una commistione di bellezze artificiali e naturali. Il Vecchio Mondo (a parte la Spagna) è forse rimasto un po’ indietro, arroccato alla forte tradizione. Ma oggi i nuovi paradigmi viaggiano velocemente e l’ultima generazione di produttori francesi, italiani o tedeschi sembra sempre più aperta alle innovazioni.
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