Mi chiamo Elisa, ho 30 anni e sono newyorkese. Vivo fra New York, dove lavoro, e Jersey City, proprio oltre il fiume Hudson, dove vivo in una piccola casetta in un quartiere popolare vivace e colorato. L’anno scorso, in occasione della festa della donna, avevo deciso di organizzare una bella cenetta a casa insieme al mio fidanzato. L’arrosto di maiale con ananas era la star di questa cena.

All’uscita dal lavoro sono passata al grocery, e poi al mio wine shop preferito, nei pressi della Penn Station di Manahattan. Come al solito mi ha accolto una varietà di vini incredibile. E non parlo solo di bianco, rosso o rosè, fermo o spumante. Parlo anche di un’ampia scelta di vini da ogni parte del mondo.

Mio padre è un grande fan dei vini italiani. È figlio di trentini, e mi ha iniziata ai grandi vini di questa bellissima regione italiana. Per l’occasione, ho scelto proprio un Pinot Nero del Trentino. È stato amore a prima vista fra me e quella bottiglia così elegante, con le indicazioni sull’etichetta che mi hanno subito riportato alle origini della mia famiglia. E poi si abbinava benissimo ai formaggi che avevo preso.

Sono volata a casa, saltando dal treno pieno di persone che tornavano del lavoro. Ho fatto un’ultima tappa al negozio all’angolo, dove ho preso le ultime fragole che avevano, e sono entrata in casa col sorriso, soddisfatta dell’affarone che avevo fatto comprando un super vino per meno di venti dollari.

Mancavano ancora due e ore e mezzo all’arrivo del fidanzato e alla cena, quindi avevo tempo prima di iniziare a preparare il maiale, il tavolo e gli antipasti. Perciò mi sono goduta una doccia rilassante. Dopo, avevo pensato per un attimo di aprire la bottiglia “per farla respirare”, come mi aveva insegnato mio padre, ma subito mi sono ricordata di quanto piace al mio fidanzato aprire una bottiglia di vino.

Ma per fortuna il tempo è volato, ed ecco che sono le nove, suona il campanello ed entra lui. Era perfetto per l’occasione, con un mazzo di rose rosse in mano e i miei cioccolatini belgi preferiti. Proprio come l’avevo immaginato!

Arriva così il momento di aprire il vino e di tagliare i formaggi speciali che avevo acquistato in un negozio gourmet sulla Quinta. Ecco che George comincia ad aprire la bottiglia, con gesti rituali ed eleganti, come è suo solito. Con il tappo di sughero in mano, ripete quel gesto che tanto mi ricorda mio padre, portandolo al naso come fosse un fiore. Ma, orrore! Naso e faccia schifata! “Sa di tappo”, fu la sentenza. Inutile dire che in quel momento la super cenetta che avevo in mente si era trasformata in un super incubo.

Ci facciamo forza, e decidiamo di assaggiare. Forse è solo un’impressione. Ma, dopo il tasting, fu chiaro che non ci eravamo sbagliati: il vino era andato, gone, tutti gli aromi e i sapori svaniti. Eppure il vino non era vecchio, solo due anni, e sull’etichetta si diceva che poteva essere bevuto entro i tre anni dalla vendemmia. Beh, ma questo era imbevibile, non era più vino, ma una specie di intruglio rossiccio che sapeva solo di alcol e muffa!

Ero così indignata, che la magica atmosfera è sparita in un attimo. Adesso avevo solo voglia di sfogarmi con qualcuno. Ma con chi potevo prendermela, con chi potevo lamentarmi? Per fortuna, c’era “lui”, il mio amico di sfoghi e lamentele. No, non parlo del mio fidanzato, ma di Twitter! Prendo il cellulare e comincio a raccontare questa esperienza ai miei contatti winelover e a chiunque stesse leggendo, rivolgendomi con parole dure direttamente all’azienda produttrice. Purtroppo, infatti, questa non aveva un account. Ero così arrabbiata che ho scritto che questa cantina mi aveva rovinato uno dei giorni più importanti dell’anno.

Ma sapete che cosa è successo? Invece di sfogarmi, mi sono arrabbiata ancora di più! Infatti, nessuno a parte i miei contatti si è degnato di rispondermi! Non una parola da parte della cantina. Nessuno in ascolto. Ho anche specificato il nome esatto del vino e l’annata. Niente. Beh, hanno fatto molto male. Se ci fosse stato qualcuno a monitorare Twitter, se qualcuno della cantina mi avesse dato una risposta, avesse espresso il suo dispiacere, avesse cercato di spiegare come mai invece del Pinot avevo trovato quella schifezza, se magari mi avesse offerto di sostituire la bottiglia con un’altra (perché, non sarebbe stata una buona mossa forse?), allora avrei ricevuto il feedback con piacere e mi sarei tranquillizzata. E poi probabilmente tutti gli altri winelover che hanno letto i miei tweet infuocati non avrebbero retwittato e parlato di questo vino per tutta la sera e la notte fino al giorno seguente…

Adesso tutti sanno che acquistare quel vino è rischioso. Magari è andata a male tutta la partita in vendita al wine shop. Forse, se mi avessero risposto e in maniera adeguata, non avrei mai scritto questa storia. O forse ne avrei scritto una che tutto sommato avrebbe avuto un lieto fine.

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